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di Franco Turigliatto
Puntuale come sempre alla vigilia di Natale è arrivata la legge di stabilità, una volta definita più propriamente legge finanziaria, e che, come nella vecchia versione, contiene una miriadi di norme che non sono propriamente regali per la classe lavoratrice, i giovani, i disoccupati, cioè per la grande maggioranza delle cittadine e dei cittadini.
Quel che stupisce è che ad essere critica verso questa legge è stata proprio la Confindustria, non certo per inesistenti contenuti sociali a favore dei lavoratori, ma per l’inadeguatezza – a suo dire – delle riduzioni fiscali (il cosiddetto “cuneo fiscale”) previste per le aziende. Ad agitarsi di più avrebbero dovuto essere le organizzazioni sindacali, che, com’è noto, si sono limitate a uno sciopero simbolico di qualche ora, privo di qualsiasi efficacia e con rivendicazioni ambigue ed anche errate, frutto del testo comune firmato con la Confindustria.
Ma prima di prendere in esame i contenuti di questa legge osserviamo un poco la fotografia sociale del nostro paese, non quella fatta da qualche sociologo o sindacalista troppo radicale (per altro di questa specie ne sono rimasti pochissimi esemplari), ma attraverso i dati forniti dai padroni stessi, ossia dal Centro Studi della Confindustria.